La creazione dei copriparabordi in corda può essere
classificata come una teccnica di macramè. Il termine macramè deriva dalla
lingua araba "migramah", il che significa "frangia". Come
teccnica d'intreccio o annodatura si trasferì in Spania durante il periodo
delle grandi conquiste arabe, e da li si espanse in Francia, Italia e su tutta
Europa. Nella maggior parte questo era il passatempo preferito dei marinai,
quando erano in mare. Con l'innodatura producevano delle amache, frange per le
campane e cinture, che poi vendevano nei porti. Oltre a loro intrecciavano
anche i parabordi, che originariamente erano fatti interamente in materiali
naturali. Per la parte esterna usavano la corda di canapa, lino, juta o sisal,
mentre l'interno riempivano con resti di cordame usurato e resti di tessuti varii
(residui di vele, vestiti, lenzuola, ecc.).
Al giorno d'oggi vedere dei parabordi fatti interamente in
corda è già rarità. La tradizione dell'annodatura, che si tramandava da
generazione a generazione tra i marinai, si mantiene viva grazie ai vecchi pescatori
e forse a qualche appasionato, il che si riflette poi nei pochi esemplari di
parabodi ancora rimasti. Con l'analisi dei parabordi e baffi di prua in corda,
esistenti perlopiù in versione di coperture per parabordi in plastica o gomma,
chi si notano ancora lungo le coste dell'alto Adriatico, si capisce, che il
metodo principale usato qui è il nodo semplice continuo (nodo singolo o anche
collo) e poi delle sue varianti con una o più corde centrali.
Per il rivestimento dei parabordi della Koštanca abbiamo
usato la versione basica del nodo semplice, cioè il nodo singolo continuo, il
quale consiste nell'annodamento di un corrente unico. Anche se le altre
varianti richiedono una o più corde centrali, intorno alle quali si annoda il
corrente, il processo non è più difficile, ma di pari complessità.
ISTRUZIONI PER LA REALIZZAZIONE DEI COPRIPARABORDI IN CORDA - DOCUMENTO PDF (visualizza)